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Il Consenso su BlockchainTempo di lettura: 16 min.

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La regolamentazione è l’assenza di consenso
– cit. maglietta vista al Devcon3 di Cancun –

Spesso parlando di blockchain siamo maggiormente attenti ad aspetti come il valore del nostro token preferito, il numero di transazioni, o dettagli implementativi, come l’utilizzo di una o l’altra tecnologia, l’uscita dell’una o l’altra moneta, dimenticando (o ignorando) di osservare una visione a lungo termine globale, relativamente agli sviluppi assoluti di blockchain – nella e sulla – società.

Blockchain, strumento di espressione del consenso

Sintetizzando, Blockchain è nata per risolvere un problema fondamentale: “decentralizzare il consenso”. Questo si può tradurre anche nella forma di “eliminare i punti centrali di fiducia”.

Ma cos’è il consenso?

Il consenso è un’espressione di volontà, che ciascuno operante su blockchain può e deve esprimere (consapevolmente o meno) verso un set di regole. Ciascuna espressione può essere autonoma, nel caso in cui si possieda personalmente un nodo, o può essere in delega, nel caso in cui si utilizzino servizi su nodi terzi, come ad esempio MyEtherWallet.

Se vogliamo, possiamo vedere la fruizione classica di un servizio centralizzato come la nostra concessione in delega del consenso all’applicare le regole che governano il servizio stesso (potremmo discutere sul fatto che delegare consenso sia esso stesso esprimere un consenso, ma è spesso inconsapevole), quindi utilizzare un servizio basato su nodi terzi, non è molto differente dall’usare dei classici servizi centralizzati (possiamo avere delle eccezioni qualora vi siano particolari politiche di trasparenza).

Tuttavia, il vero potere di blockchain sta proprio qui: non avere la delega del consenso come unica opzione di scelta!

In altre parole, poiché delegare il consenso significa porre fiducia nel delegato, di fatto abbiamo un sistema funzionante che può fare a meno del concetto di fiducia. In questo modo possiamo esprimere in prima persona, senza intermediari, il nostro voto verso ciascun set di regole, e questo lo facciamo in ultima istanza eseguendo l’una o l’altra versione del client nel nostro nodo.

In realtà, il consenso si può esprimere a più livelli:

  • a livello di blockchain, ovvero a livello di infrastruttura, può essere espresso con la scelta del client per il nodo, una volta che l’infrastruttura sottostà solidamente alle leggi del consenso,
  • a livello applicativo può essere invece espresso attraverso varie metodologie di governance o attraverso il valore dei mercati.

Per approfondimenti, un interessantissimo articolo di Vitalik Buterin a riguardo della Blockchain Governance è stato tradotto qui.

Ma effettivamente come blockchain consente di fare questo?

Anche qui, in sintesi, blockchain adempie a questo compito risolvendo uno ed un solo unico problema basilare, dal whitepaper di Satoshi: “eliminare il double spending”.

Risolvere il problema del double spending, ovvero lo spendere due volte in modi diversi ed incompatibili la stessa moneta, può essere generalizzato in ultima istanza nella volontà di “avere una sola parola di espressione”, ovvero impedire ad un solo individuo (o meglio come vedremo ad un set di risorse) il doppiogiochismo, compiendo azioni differenti e discordanti, e mostrando ad operatori diversi operazioni differenti.

Questo viene ottenuto realizzando un ledger (la catena di blocchi) che sia univoco per tutti, e che offra una e soltanto un’unica versione del mondo, la quale sia incontestabile e condivisa.

In questo ledger tutto ciò che avviene è legge, a meno del consenso.

Consenso VS. regolamentazioni

La differenza tra un set di regole determinate consensualmente ed una regolamentazione imposta è fondamentale.

Nel caso di una regolamentazione, che possono essere leggi imposte da un governo, o regole di fruizione di un servizio, c’è qualcuno che sta decidendo per conto nostro cosa una società di individui è in grado di fare o meno, e noi possiamo essere più o meno d’accordo sui singoli punti, ma in generale non siamo mai chiamati a scegliere direttamente ed in tempo reale su di essi.

Invece nel caso di un’espressione di consenso diretto, questo va concesso e guadagnato in ogni momento su ogni singolo punto, quindi va espresso direttamente, ed è libero.

Se ad esempio il team principale di un progetto blockchain volesse forzare anche un singolo punto controverso, la rete potrebbe decidere di spostare il proprio consenso su di un (hard) fork, ed è il caso ad esempio di Bitcoin Cash.

Quindi, avere una regolamentazione imposta significa usufruire in ultima istanza di uno strumento che non richiede il consenso per essere utilizzato, anzi, il più delle volte lo esclude completamente dai conti, rifacendosi (nel migliore dei casi) a richieste di fiducia cumulative più o meno periodiche.

Blockchain è rivoluzione sociale

Blockchain, prima di essere una rivoluzione tecnologica, è e deve essere una rivoluzione sociale, che imponga un cambio radicale di mentalità e di coscienza individuale.

È necessario infatti che ciascun individuo singolarmente inizi un percorso che lo porti a scegliere (per quanto possibile, e gradualmente) di non delegare più le proprie decisioni, che lo porti ad interessarsi in prima persona alle questioni, e che lo renda esigente di trasparenza e verificabilità su ciò che lo riguarda.

Nel momento in cui vi sarà quest’esigenza personale forte, collettiva, ecco allora che subentrerà il valore della rivoluzione tecnologica che permetterà di organizzare il tutto, la quale però senza un nuovo tipo di organizzazione sociale sarebbe solamente un bell’esercizio di stile.

Tuttavia, poiché stiamo parlando di uno strumento che apre possibilità enormi, e soprattutto che nel lungo periodo non può essere ostacolato, è inevitabile che con l’andare del tempo esso si imporrà in maniera graduata ma pesante nella società, incentivando attivamente un’evoluzione di coscienza personale, e che coinvolgerà prima determinate classi sociali di altre.

Si andrà infatti a creare una distinzione forte, come un neo-analfabetismo, tra chi sarà in grado di prendere in mano le proprie scelte (e deciderà soprattutto di farlo), e chi invece preferirà continuare ad affidarsi ai vecchi sistemi, amministrati dai vecchi poteri.

Vi sarà una riequilibrazione dei poteri, spostandolo sempre più verso una società in grado di fondarsi su nuovi valori, i quali gradualmente raccoglieranno risorse e capitali, lasciando poco alla volta i vecchi sistemi a disintegrarsi sotto un’infrastruttura ad oggi già insostenibile.

Questo avverrà semplicemente per una ragione, il nuovo sistema sarà molto più efficiente ed agile nel mutare rispetto all’altro.

Dove vige il consenso le regole cambiano, agilmente ed a seconda delle esigenze. In una società dove non vince il più forte ma chi si sa adattare meglio, un governo gestito dal consenso non può che uscirne vincente nel lungo periodo.

Basti pensare, analogamente, come le banche stiano iniziando a preferire delle federazioni decentralizzate per coordinarsi (tramite blockchain private), rispetto a singoli punti piramidali di gestione centralizzati. In scala differente, una società ha lo stesso tipo di problemi.

Quali saranno invece i valori di una società ideale basata sul consenso?

Indubbiamente, eliminando i punti di accentramento di fiducia, avremmo un avvalorarsi delle soluzioni che risolvono i problemi di molti, piuttosto che quelli di pochi.

Si tenderà cioè a preferire le soluzioni che massimizzino il profitto dei più, riducendo (dove in contrasto) il profitto dei meno. Andremo quindi ad avvicinarci al concetto di democrazia diretta perfetta, nella quale tutte le decisioni verranno prese dalla collettività, e non vi sarà bisogno di impiegare rappresentanti.

Poiché non vi saranno più rappresentanti in grado di organizzare segreti piani per i loro scopi personali, tutte le soluzioni saranno il più possibile semplici, per essere comprensibili, e trasparenti, senza secondi fini.

In maniera forse romantica, mi piace citare una frase dal film “I cento passi” di Peppino Impastato il quale dice “…è importante la Bellezza, da quella scende giù tutto il resto“, questa descrive a mio parere bene l’insieme di valori che governerebbero una società basata sul consenso.

Purtroppo si tratta di una situazione ideologica, la realtà non è solo rose e fiori come potrebbe sembrare, poiché vi saranno anche altre dinamiche da tenere in considerazione, come ad esempio la distribuzione di risorse, qui ora più importante che mai.

Nuove prospettive

Parlando di risorse, vi sarà un avvaloramento di quest’ultime rispetto al riconoscimento dell’individualità personale.

Il valore quindi si sposterà dall’individuo, al set di risorse che controlla. Il motivo è semplice: blockchain mal riconosce il concetto di profilo, raccolta dati, registrazione, login, permessi di accesso, ecc… sono concetti che nell’ambito della decentralizzazione e del trustless vengono meno.

Si ipotizzi infatti un ente in grado di identificare gli individui su blockchain, svolgerebbe necessariamente delle operazioni di verifica off-chain, tutti coloro i quali decidessero di accettare tali certificati emessi dovrebbe certamente attribuire un certo grado di fiducia a tali operazioni, il quale è contrario ai principi base sulla decentralizzazione e la rimozione dei centri di trust di blockchain.

Questo non significa che non vi potranno essere questi enti garanti, ma di certo avranno un’importanza marginale poiché ancorati al vecchio modello.

Per fare un esempio concreto, non dovremo più registrarci nominalmente per avere forniture di acqua, corrente e gas in casa, tutto verrà gestito tramite contratti su blockchain.

Quello che invece vi sarà su blockchain sarà un imporsi del valore delle risorse, le quali acquisiranno potere per il consenso stesso che la gente le attribuisce, ed esse opereranno in un contesto assolutamente trustless e anonimizzante.

Tenderemo a mappare su blockchain ogni risorsa, possano essere queste un bene, una proprietà, dei soldi, un contratto di servizio, un accordo tra parti, un’identità (qualora decidessimo di fornir fiducia ad un garante).

Tutto tenderà ad avere un corrispettivo on-chain, perché on-chain sarà verificabile e programmabile.

Le stesse regolamentazioni nella quale siamo immersi (governo, sanità, trasporti, fornitori di servizi vari, ecc.) tenderanno a riconoscere sempre più la risorsa on-chain, spostando gradualmente la gestione da una Legge basata sul linguaggio classico orientata all’individuo, ad un Legge matematica con contratti on-chain orientati alle risorse.

Avremo quindi un processo di tokenizzazione della società.

Questo stesso processo di tokenizzazione sarà uno dei cambiamenti più radicali del livello organizzativo di una società basata sul consenso.

Da un certo punto di vista, potrebbe apparire quasi preoccupante pensare che tutto, qualsiasi cosa, un giorno passerà attraverso la validazione di determinate proprietà da un algoritmo imparziale su blockchain, in grado di operare 24 ore su 24, 7 giorni su 7, senza sosta.

Quale grado di libertà personale verrà garantito all’individuo on chain, verrà definito unicamente dal consenso.

Ecco quindi che ritorna l’importanza assoluta di tale consenso di essere libero e decentralizzato, e la necessità che tale consenso si riesca ad esprimere in maniera quanto più resiliente possibile da influenze terze, tramite un’evoluzione di coscienza collettiva.

In un mondo in cui le risorse acquisiranno un valore amministrativo sempre maggiore, la modalità di distribuzione delle stesse otterrà sempre più rilevanza.

Potremmo esser portati a pensare che oggigiorno enormi quantitativi di capitali in criptomonete siano in mano di poche persone, e che questo si verificherà essere un problema.

In parte è vero, ma vi sono alcune considerazioni da dover fare. La prima, più banale, è che una diffusione delle criptomonete in maniera più capillare porterà anche ad un’automatica ridistribuzione dei token all’interno della popolazione.

La seconda, più interessante, è che di fatto il valore di ciascun token, che sia esso di mercato, amministrativo, o di qualsiasi altra forma, verrà esso stesso determinato attraverso il consenso. Sono infatti le persone che determineranno quali saranno i token in grado di influenzare la loro comunità.

Nel caso ad esempio in cui vi sia un enorme accentramento di token per la fornitura di un determinato servizio, e nel caso in cui questo accentramento diventi consensualmente problematico, il valore sarà in grado di spostarsi da questi token a quelli di un competitor, ribilanciando la distribuzione dei valori.

È infatti fondamentale, in questa fase, la possibilità di avere più monete (o token) concorrenti in circolazione, non necessariamente su blockchain differenti, ma in grado di aver scopi specifici per cui la gente possa attribuire differenti gradi di consenso, spostandone il valore.

Con questo sistema, token con distribuzioni particolarmente sbilanciate possono essere sostituiti da token equivalenti con distribuzioni maggiormente bilanciate, o più token possono coesistere assieme con distribuzioni differenti. Il consenso determina tutto.

Tutti questi presupposti però sono validi se e solo se ammettiamo di essere in grado di esprimere e condividere liberamente il consenso anche sulle scelte da prendere in collettività.

Mentre appare semplice pensare ad un mercato, dove ciascuno può prendere in autonomia le proprie decisioni, e dove ciascuna mossa si compone come una goccia in un oceano in qualcosa di più grande ma progressivo, cosa differente si tratta quando le nostre scelte debbano essere valutate per prendere una decisione discreta e condivisa all’interno di un gruppo.

L’incapacità di esprimere il proprio consenso correttamente può portare, a livello globale, all’allontanamento delle soluzioni blockchain dalle applicazioni pratiche, perché poco efficienti.

Peggio ancora, nel caso in cui non vi sia libertà di espressione del consenso, data ad esempio da una legislazione che non consenta le libere alternative (es. monete uniche ed infrastrutture di stato), avremmo un sistema dalle libertà solamente apparenti, in grado invece di intensificare il controllo e la tracciatura degli utenti, determinando algoritmi più stringenti in grado di decidere cosa sia e cosa non sia possibile fare con le nostre proprietà, e in quali modalità.

Evidentemente, in questo caso, nonostante si parli di blockchain non stiamo esercitando il consenso. Qui il problema è la statalizzazione e l’imposizione dell’infrastruttura, e quindi la mancanza di alternativa.

Determinati sistemi, da non sottovalutare, potranno essere imposti solamente attraverso gli strumenti del vecchio sistema, legalmente o con la forza, ambi i casi con azioni svolte off-chain sul cittadino.

Un altro caso da evitare è quello che preveda un’eccessiva frammentazione della rete. Deve sempre esser possibile offrire un’alternativa, in maniera che il consenso si possa ridistribuire su di un mercato libero, ma un’eccessiva frammentazione fa venir meno l’effetto di rete, il che abbassa esponenzialmente il valore della rete stessa, il che va per quanto possibile evitato.

Rimandiamo per questo all’articolo citato all’inizio sulla Blockchain Governance di Vitalik Buterin.

Conclusioni

Nonostante complessivamente possa non sembrare, questo momento è in realtà un fantastico punto di svolta per la storia dell’uomo.

Oggi si stanno aprendo opportunità prima di ora inimmaginabili, in grado finalmente di offrire la libertà nelle scelte personali, pur permettendo all’uomo di organizzarsi in comunità autogestite e cooperanti, senza che vi debbano essere necessariamente punti di fiducia centrali da eleggere in rappresentanza.

Una cosa mai accaduta prima, che detterà probabilmente le rivoluzioni del prossimo secolo, e forse oltre.

Personalmente sono profondamente convinto che l’uomo, nella sua storia, stia attraversando nella modernità un medioevo di informazione: per la prima volta ha la possibilità di gestire il dato a livello globale, ma non ha ancora compreso cosa sia, o quale sia il suo reale valore.

Ogni giorno siamo sottoposti a notizie dal mondo che ci portano segnali di disuguaglianza, di disinformazione e di malessere generale.

Blockchain, con la rivoluzione che conduce e la prospettiva di nuovi tipi di comunità senza più confini e basate sul consenso, potrà forse condurci verso un nuovo rinascimento culturale.

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Mirko Da Corte

Mirko Da Corte

Appassionato di tecnologia da sempre, incontrai per caso blockchain in un pomeriggio di sole. Fu amore a prima vista. Founder e CTO di Digicando Srl, collaboro alla moderazione del gruppo Ethereum Italia
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